Climate Science Glossary

Term Lookup

Enter a term in the search box to find its definition.

Settings

Use the controls in the far right panel to increase or decrease the number of terms automatically displayed (or to completely turn that feature off).

Term Lookup

Settings


All IPCC definitions taken from Climate Change 2007: The Physical Science Basis. Working Group I Contribution to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, Annex I, Glossary, pp. 941-954. Cambridge University Press.

Home Arguments Software Resources Comments The Consensus Project Translations About Support

Bluesky Facebook LinkedIn Mastodon MeWe

Twitter YouTube RSS Posts RSS Comments Email Subscribe


Climate's changed before
It's the sun
It's not bad
There is no consensus
It's cooling
Models are unreliable
Temp record is unreliable
Animals and plants can adapt
It hasn't warmed since 1998
Antarctica is gaining ice
View All Arguments...



Username
Password
New? Register here
Forgot your password?

Latest Posts

Archives

Perché è urgente che agiamo ora sul cambiamento climatico

Che cosa dice la Scienza...

Una gran parte del riscaldamento è in procinto di verificarsi, e se non agiamo ora potrebbe oltrepassare il punto di non ritorno

 

Le argomentazioni degli scettici...

Non è urgente.

“Ci sono molte urgenti piorità che richiedono l’attenzione del Congresso, e non sta a me in qualità di ospite invitato nel vostro Paese di dire quali sono.Comunque posso dire questo: “il riscaldamento globale” non è tra queste.” (Christopher Monckton in testimony to the US Congress)

Il riscaldamento globale è un problema la cui urgenza sta crescendo. La urgenza non è ovvia in quanto una gran parte del riscaldamento ancora non si è manifestata. Alcune delle ricerche più recenti ci indicano che se vogliamo mantenere il Clima della Terra entro i limiti già sperimentati dal genere umano in passato dobbiamo abbandonare pressoché completamente l’uso dei combustibili fossili. Se non agiamo subito potremmo spingere il Clima oltre il punto del non ritorno dove la situazione sfugge al nostro controllo. Cosa dovremmo fare. Leggete qua sotto.

James Hansen, il climatologo più eminente della NASA ed uno dei primi ad avvertire che il riscaldamento da effetto serra era stato rilevato, ha adottato la definizione di interferenza pericolosa dell’Uomo sul Clima. Nel 2008 il suo gruppo è pervenuto alla conclusione sorprendente che la concentrazione di anidride carbonica atmosferica (CO2) è già nella zona di pericolo.

A partire dal periodo della rivoluzione industriale la CO2 atmosferica è passata da 280 a 390 parti per milione (ppm). Non lasciatevi ingannare da un numero così piccolo- 390 ppm è comunque il valore più alto mai registrato per milioni di anni. La CO2 sta aumentando al ritmo di 2 ppm per anno come conseguenza dell’uso dei combustibili fossili. Per stabilizzare il Clima della Terra dovremmo ridurre la CO2 al livello relativamente sicuro di 350 ppm. E dobbiamo farlo in fretta perché l’obbiettivo diverrà presto impossibile da raggiungere.

Questo obbiettivo non è basato sui modelli climatici, ma sui cambiamenti climatici del passato (“paleoclima”). Hansen ha fatto riferimento alle registrazioni molto accurate delle carote di ghiaccio delle ultime centinaia di migliaia di anni, ai dati di campioni di sedimenti risalenti a 65 milioni di anni ed ai cambiamenti ai quali stiamo assistendo attualmente. Egli ha scoperto che, nel lungo periodo, la sensibilità climatica del mondo reale è doppia rispetto a quella usata nei modelli dell’IPCC

Il punto chiave dei modelli climatici è quanto riscaldamento globale consegue ad un raddoppio della CO2, una volta che si sia tenuto conto dei processi di feedback. Il processo di feedback (retroazione) è un qualcosa che amplifica o riduce l’effetto iniziale (gli interessi di un prestito sono un feedback…). I modelli comprendono dei “feedback rapidi” come il vapore acqueo, le nubi, il ghiaccio marino, ma escludono dei “feedback lenti” o di lungo periodo come lo scioglimento delle calotte di ghiaccio (una superficie ghiacciata riflette più calore che una superficie scura).

Sia i modelli che gli studi paleoclimatici concordano che il riscaldamento dovuto ai feedback rapidi vale attorno a 3°C per un raddoppio della CO2. I feedback lenti hanno ricevuto minore attenzione. Il Paleoclima è il solo strumento per stimarne le conseguenze. Per riassumere con poche parole una storia molto lunga, Hansen ha trovato che il feedback dovuto alla presenza dei ghiacci raddoppia il riscaldamento previsto dai modelli climatici (cioè 6°C per un raddoppio della CO2).

Il Clima globale si è riscaldato solamente di 0.7°C, ma non ha ancora completamente risposto al’effetto delle nostre emissioni del passato. Sappiamo ciò perché la Terra sta ancora accrescendo la quantità di calore rispetto a quella che perde. C’è quindi dell’altro riscaldamento in corso di sviluppo,e i risultati di Hansen implicano che è molto di più di quanto previsto dai modelli. Se la CO2 permane al lungo attorno a 390 ppm facendo si che che il feedback delle calotte di ghiaccio si manifesti, il riscaldamento si qui rallentato potrebbe giungere a 2°C. Ciò potrebbe far si che la Terra fosse in una situazione mai sperimentata dagli esseri umani e l’innalzamento del livello marino potrebbe giungere non a 1 metro, o 2 metri ma a 25 metri. Immaginate onde che potrebbero investire  un palazzo di 8 piani.

Difficilmente si potrebbe contestare la “pericolosità” di un tale cambiamento climatico. Ma con quale rapidità potrebbe avvenire? Nel passato le calotte glaciali hanno impiegato millenni per rispondere ai cambiamenti , ma una volta che il processo si avvia l’innalzamento potrebbe essere dell’ordine di diversi metri per secolo. Ma forse le calotte potrebbero sciogliersi più velocemente se la CO2 cresce con rapidità, come sta facendo ora. La IPCC aveva previsto che il fenomeno si sarebbe manifestato entro il 2100, ma invece il processo di disintegrazione dei ghiacci è “in anticipo di 100 sul previsto”. Una volta che una calotta di ghiaccio inizia a collassare non c’è modo per evitare che venga a scivolare vrso l’oceano. Soffriremo per secoli della riduzione delle aree costiere. Il cambiamento climatico a cui abbiamo dato l’inizio procederà senza che lo si possa controllare.

Se le superfici ghiacciate potranno ridursi significativamente durante il secolo in corso, allora il riscaldamento a lungo termine di Hansen ha implicazioni politiche a scadenza più prossima. La tragedia che abbia messo in moto può essere ancora prevenuta se faremo in modo che la Terra cessi di accumulare calore prima che i feedback lenti possano dare la spinta decisiva. Per ottenere ciò dobbiamo puntare sul fattore maggiore, a crescita più rapida e con il maggior tempo di permanenza in atmosfera: la CO2.

Nella condizione di sviluppo senza freni come l’attuale, siamo destinati a raggiungere i 1000 ppm entro il 2100, quindi quasi due volte il raddoppio del valore pre-rivoluzione industriale (senza tener conto dei possibili feedback). Ciò costituirebbe una catastrofe inimmaginabile in qualsivoglia scala temporale. Anche i possibili provvedimenti di mitigazione che a livello governativo vengono ipotizzati sono basati su valutazioni dell’IPCC oramai abbondantemente superate. Il valore più basso di cui si parla è 450 ppm, che Hansen considera sufficiente a sciogliere tutti i ghiacci del pianeta con conseguente innalzamento del livello del mare di 75 metri. La Terra non è stata priva di ghiacci almeno dal tempo in cui i nostri antenati di separarono dalle scimmie.  

Invece di ridurre o togliere il piede dall’acceleratore dobbiamo azionare i freni. Non dobbiamo solamente ridurre la crescita della CO2 in atmosfera,ma dobbiamo invertirne il corso. Dobbiamo ridurre da 390 a 350 ppm il prima possibile. Ciò dovrebbe fermare l’accumulo di calore da parte del pianeta. Stabilizzare la concentrazione di CO2 significa ridurre rapidamente le emissioni in modo tale che la natura possa assorbire il Carbonio più velocemente della emissione- in pratica dobbiamo ridurre quasi a zero le emssioni.

La sola maniera realistica di portarsi verso i 350 ppm è quella di lasciare i combustibili fossili dove stanno (nel sottosuolo). Bobbiamo:

1) eliminare il carbone entro il 2030. Non è abbastanza ridurre le emissioni convertendo il carbone in combustibile liquido, perchè la CO2 permane in atmosfera per un tempo molto, lungo. Il problema fondamentale sta nella combustione del carbone in qualsiasi forma.

2) non bruciare le sabbie bituminose o gli scisti bituminosi.  Queste riserve di combustibile sono virtualmente ancora non sfruttate ma si sitiene contengano più Carbonio del carbone. Il Canada non deve prendere a usarle.

3) non bruciare fino all’ultima goccia di petrolio o gas anche se le riserve risultassero abbondanti.Anche se risultasse che ne abbiamo usato la metà non significa che possiamo brucuare tranquillamente la parte restante.

4) passare da deforestazione a riforestazione. Saremmo comunque impegnati nell’impresa ciclopica di rimuovere la CO2 dall’atmosfera. La natura può assorbire il Carbonio ma ha dei limiti.

 

 

 

 

 

 

 

Non sarà facile ma con queste azioni la CO2 dovrebbe raggiungere un picco di 400 ppm verso il 2025 e riportarsi a 350 ppm per la fine del secolo. Io credo che possiamo farcela: è soprattutto una questione di volantà politica. Ma la finestra temporale che abbiamo davanti si va chiudendo rapidamente. Ancora un decennio di business as usual  e la CO2  verrà a situarsi in zona di pericolo per tempo molto lungo.

Vorrei far presente che stimare l’obbiettivo di una concentrazione di CO2 da dati paleoclimatici è pieno di incertezze. Ho dovuto semplificare questo breve articolo. Spiego con più dettagli in Skeptical Science, oppure potete leggere l’articolo di Hansen free qui. Se c’è una lezione che la recente ricerca climatica ci ha insegnato è che è un errore riferirsi alla incertezza come una sollievo. Discutibilmente l’aspetto più importante che Hansen ignora, i feedback del Carbonio, è probabile che renderanno il problema anche peggiore. E’ una ragione in più per porre attenzione all’ammonimento di Hansen.

Ora siamo ad un bivio. Ciò che facciamo nel prossimo decennio è cruciale. Se scegliamo una strada prima della fine del decennio il mondo potrebbe avviarsi verso l’abbandono del carbone. Se scegliamo l’altra ci troveremo ad affrontare un futuro incerto la cui sola certezza è la deriva climatica. Lascerò la parola finale a Hansen et al. le cui affermazioni conclusive sono molto decise e scaturiscono da un sostanzioso e tecnico articolo peer review.

Le attuali politiche che permettono la costruzione di centrali alimentate a carbone senza dispositivi di cattura della CO2, suggeriscono che i governanti non sembrano cogliere la gravità della situazione. Dobbiamo cominciare ora a muoverci verso una era senza combustibili fossili….[…] Il compito più difficile, la fuoriuscita dall’uso del carbone nei prossimi 20-25 anni senza cattura della CO2 appare una fatica erculea, ma fattibile se confrontata con gli sforzi messi in campo durante la 2a Guerra Mondiale. La posta in gioco, la vita del pianeta, supera quella di tutte le altre crisi. Il pericolo maggiore è rappresentato dal permanere della ignoranza e dal diniego del rischio che potrebbe produrre inevitabilmente conseguenze tragiche

 

 

 

 

 

Translation by lciattaglia, . View original English version.



The Consensus Project Website

THE ESCALATOR

(free to republish)


© Copyright 2024 John Cook
Home | Translations | About Us | Privacy | Contact Us